3 evoluzioni che stanno cambiando il futuro dell’intelligenza artificiale nel settore manifatturiero
È facile concepire le fabbriche di oggi come luoghi futuristici; centri di automazione in cui i robot industriali emulano i movimenti e, apparentemente, anche l’intenzionalità dei lavoratori umani.
I robot tuttora in circolazione non dimostrano solo di lavorare con maggiore rapidità e affidabilità rispetto agli umani, ma anche di eseguire i compiti assegnati con abilità complessivamente superiori rispetto a quelle umane, come nel caso dell’assemblaggio di precisione microscopica. Molti di questi robot, però, sono più stupidi di quanto sembri: presentano sicuramente abilità superiori rispetto agli umani, ma sono programmati per svolgere una quantità limitata di mansioni. Molti robot non sono in grado di lavorare in modo sicuro in prossimità degli umani e devono essere rinchiusi in vere e proprie gabbie oppure controllati in modo tale da garantire la sicurezza dei colleghi umani.
L’intelligenza artificiale (AI, Artificial Intelligence) sta trovando la propria posizione di nicchia nel settore manifatturiero, in un quadro di evoluzione delle tecnologie e di calo dei costi, e in una fase in cui le imprese di produzione stanno scoprendo delle applicazioni per le quali gli algoritmi AI sono in grado di prendere decisioni complesse. Mentre si assiste a una diffusione di questo fenomeno, il futuro dell’intelligenza artificiale nel settore manifatturiero sta già trovando applicazione nei mercati emergenti, mostrando di avere migliori capacità sensoriali e, al di fuori della fabbrica, l’abilità di prevedere quali sono le fasi successive necessarie e quando attuarle.
1. L’avvento dell’intelligenza artificiale nei nuovi mercati
Il settore manifatturiero da un lato è caratterizzato da investimenti di capitali ingenti e, dall’altro, da margini di profitto spesso molto ristretti. Sulla base di queste condizioni, molte aziende hanno deciso di trasferire la produzione in Paesi a basso reddito, in cui i costi delle risorse umane sono talmente bassi che risultava difficile giustificare l’investimento di capitale nell’intelligenza artificiale e nella relativa automazione. Tuttavia, un aumento dello standard di vita e dei salari in Paesi come l’India hanno creato un terreno fertile per gli investimenti nell’AI. La Cina, infatti, sta già investendo in maniera significativa nell’intelligenza artificiale nei comparti della produzione e dell’e-commerce.
Da poco, gli operai americani hanno lamentato la perdita di posti di lavoro a causa dell’automazione e ora lo stesso sta succedendo anche nelle fabbriche in Cina. Anche se, nel breve termine, molti operai verranno sostituiti dai robot, l’obiettivo finale sarà quello di trattenere questi lavoratori per affidare loro attività di progettazione, programmazione o manutenzione di livello superiore. Tuttavia, il vero motore consisterà nello sviluppo di applicazioni per le quali l’intelligenza artificiale non si limiterà ad automatizzare le attività, bensì a realizzare processi di business del tutto innovativi, come per esempio la configurazione personalizzata dei prodotti, sulla base delle singole esigenze dei clienti.
2. Una migliore sensorialità dei robot si traduce in una maggiore sicurezza sui posti di lavoro
L’intelligenza artificiale getta le sue radici negli anni Cinquanta, anche se ottiene un ampio consenso solo con lo sviluppo degli algoritmi di apprendimento automatico (machine learning) che è stato possibile estendere a un complesso di dati per individuare modelli indicativi, senza la necessità di una specifica programmazione. “Senza l’impiego di algoritmi flessibili, i computer sono in grado di operare solo sulla base delle istruzioni ricevute”, spiega Michael Mendelson, sviluppatore didattico presso l’NVIDIA Deep Learning Institute. “Molte mansioni, soprattutto quelle che coinvolgono la percezione, non possono essere tradotte in istruzioni basate su regole. Nell’ambito della produzione, alcune delle applicazioni più interessanti implicheranno anche la percezione”. In questo modo, i robot nelle fabbriche acquisiranno maggiore abilità e capacità di interagire con gli umani e ricevere istruzioni da questi.
Tra queste applicazioni rientra anche la machine vision (estrazione automatica di informazioni da immagini digitali). Ideare fotocamere notevolmente più sensibili rispetto all’occhio umano è stata la parte più facile. Il valore aggiunto apportato dall’intelligenza artificiale consiste nell’abilità, che risulta essere sempre più utile, di aggiungere senso alle immagini. Landing.ai, una startup fondata da Andrew Ng, il veterano della Silicon Valley, si concentra sui problemi del settore manifatturiero, come per es. un’analisi precisa della qualità. Questa startup ha sviluppato strumenti di machine vision in grado di rilevare difetti microscopici nei prodotti, come le schede elettroniche a risoluzioni che vanno ben oltre le capacità visive umane, sfruttando un algoritmo ad apprendimento automatico (machine learning), “addestrato” con un volume considerevolmente limitato di immagini campione.
Questa rappresenta una sfida di microentità. Un problema di macroentità consiste nell’addestrare un robot a percepire cosa gli succede intorno, così da essere in grado di evitare interruzioni o pericoli. Questo è un problema analogo a quello dei veicoli a guida autonoma, che ormai ha acquisito una dimensione molto vicina al mondo reale. I carrelli elevatori intelligenti, a guida automatica, e i nastri trasportatori potrebbero ricoprire un ruolo importante nelle fabbriche per lo spostamento dei materiali e dei prodotti finiti.
Solitamente i robot sono fermi. Tuttavia, rischiano comunque di andare a scontrarsi con gli oggetti circostanti o con le persone che si muovono nelle loro postazioni di lavoro. Grazie alla machine vision o ai sensori di movimento, i robot sono in grado interrompere ciò che stanno facendo, in caso di potenziale ostruzione. Sta aumentando, però, la richiesta di robot davvero collaborativi, i cosiddetti “cobot”, che siano in grado di collaborare in maniera produttiva con i colleghi umani. L’intelligenza artificiale permette a questi robot di ricevere istruzioni dagli umani, tra cui nuove istruzioni, che non rientrano nella programmazione originaria del robot. Per farlo, i robot e gli umani necessitano di un linguaggio comune, che potrebbe essere formulato sempre di più in modo chiaro e convenzionale. Questo è stato già dimostrato presso l’Università di Rochester e all’Istituto MIT.
“Noi umani vantiamo un’esperienza di millenni nello spiegarci le cose oralmente, mentre l’uso della forma scritta è una tecnica molto più recente e spesso scomoda”, spiega Mendelson. “Tramite il dialogo con i robot siamo in grado di comunicare idee che, probabilmente, non riusciremmo a esprimere così chiaramente in forma testuale”.
3. L’intelligenza artificiale nella catena di distribuzione, e oltre
Una cosa è certa: l’intelligenza artificiale migliora l’abilità dei robot, facilitando una collaborazione tra robot e umani. Tuttavia, questa avrà un impatto anche in aree che non sono assolutamente legate alla robotica. Nella catena di distribuzione, per esempio, gli algoritmi sono in grado di percepire i modelli di domanda di determinati prodotti sia nel corso del tempo che nei mercati geografici e nei segmenti socioeconomici, tenendo conto anche dei cicli macroeconomici, degli sviluppi politici e persino dei modelli atmosferici. Il risultato potrebbe consistere in una proiezione della domanda di mercato che, a sua volta, stimolerebbe il reperimento di materie prime, la gestione del personale, le decisioni di tipo finanziario, le giacenze, la manutenzione delle attrezzature e il consumo di energia.
L’intelligenza artificiale sta acquisendo sempre più importanza anche nel quadro della manutenzione predittiva delle attrezzature, che opera tramite sensori che monitorano le condizioni operative e le prestazioni delle apparecchiature in fabbrica, imparando a prevenire eventuali guasti e malfunzionamenti, così da intraprendere o suggerire azioni preventive. “In altri settori, questa operazione avviene già con facilità”, spiega Som Shahapurkar, direttore della sezione apprendimento automatico (machine learning) presso la FICO, impresa impegnata da oltre 40 anni nella commercializzazione dell’intelligenza artificiale. “L’applicazione si è diffusa in numerosi settori, dall’invio di sofisticate notifiche via e-mail ai proprietari di automobili alla prevenzione di eventuali guasti nei “blade“ presso le server farm di Facebook e Google.
Molti dati verranno generati da sensori integrati nei sistemi di elaborazione, presenti non solo in fabbrica ma anche presso le strutture dei fornitori, con l’obiettivo di monitorare sia le giacenze in magazzino e altri input di front-end che i problemi inerenti alla qualità dei prodotti nelle sedi di distribuzione e nei punti vendita.
L’intelligenza artificiale, infatti, può fornire strumenti utili ai produttori per prevedere la domanda, prima ancora di creare i prodotti per rifornire i canali di distribuzione. Nel 2010, il professore di informatica Johan Bollen e i suoi colleghi della Indiana University hanno dimostrato come gli algoritmi riescano a leggere e interpretare i sentimenti nei tweet (Twitter) in maniera abbastanza precisa da prevedere in modo accurato gli andamenti del mercato azionario. “Analisi analoghe delle emozioni potrebbero essere usate per prevedere la domanda dei prodotti o di marchi specifici, soprattutto ora in cui i consumatori trasmettono quotidianamente i loro sentimenti comunicando con gli assistenti domestici a intelligenza artificiale di Google o Amazon”, spiega Bollen. Nell’ultimo periodo Bollen si è concentrato sull’influenza dei social media sull’opinione politica, ma ha anche studiato il comportamento dei consumatori.
I sostenitori dell’intelligenza artificiale ritengono, comunque, che la tecnologia sia una mera evoluzione dell’automazione, un’inevitabile conseguenza della Quarta Rivoluzione Industriale. L’intelligenza artificiale sarà sicuramente efficace nel garantire una produzione migliore e più economica. Tuttavia, non esiste niente che possa sostituire l’ingegnosità umana nell’affrontare cambiamenti repentini nei gusti e nelle esigenze o nel decidere se creare o meno determinate cose.