Come costruire un robot umanoide: le ultime novità del progetto Roboy 2.0
Arrivare in stazione e scoprire che il prossimo treno passerà dopo 15 minuti è una scena familiare. Ma se invece di aspettare così a lungo ci fosse un robot umanoide in bicicletta a trasportarci? Se il progetto di ricerca nato in Germania verrà sviluppato, un giorno tutto questo potrebbe diventare realtà.
Roboy 2.0 è un ambizioso progetto interdisciplinare dell’Università Tecnica di Monaco di Baviera (TUM), in Germania, rivolto alla progettazione di un robot il più somigliante possibile a un essere umano. Roboy è già capace di pedalare su una bicicletta, battere le mani e parlare; ma sa anche suonare lo xilofono, un compito estremamente complesso per un robot, viste le dinamiche richieste.
Entro l’estate, Roboy 2.0 potrà servire gelati al chiosco e, in pochi anni, sarà anche in grado di eseguire diagnosi mediche di base. La ricerca è interamente open source e sarà fondamentale per gli ulteriori sviluppi nei settori di robotica, salute, intelligenza artificiale ed elaborazione dei dati audiovisivi.
“Il nostro obiettivo è costruire un robot umanoide che funzioni proprio come il corpo umano”, dice Rafael Hostettler, a capo del progetto Roboy come general manager da più di sei anni. “Vogliamo che si muova come un uomo, oltre che vedere, parlare e interagire con noi”.
Per arrivare a questo risultato, un gruppo di lavoro di oltre 100 studenti ed ex studenti della TUM, esperti in svariate discipline, stanno sviluppando il robot con una rete globale di scienziati. Tra i partner ci sono il KTH, o Istituto Reale di Tecnologia di Stoccolma (per le neuroprotesi), l’Università cinese di Hong Kong (per gli algoritmi di controllo del robot), l’Università di Oxford (per il caricamento dei tendini artificiali man mano che crescono) e la TUM (per la robotica, i sistemi in tempo reale e i metodi di sviluppo del prodotto).
Roboy fa parte dello Human Brain Project, un’iniziativa europea per far progredire le neuroscienze e la medicina computazionale correlata al cervello. Poiché Roboy si avvicina a un corpo biologico—è complesso e non lineare, e ha risposte variabili a seconda delle condizioni—i neuroscienziati potrebbero acquisire intuizioni significative data la somiglianza di Roboy con i sistemi umani. . Hostettler spiega che il progetto Roboy potrebbe “fornire l’infrastruttura necessaria per aggregare la ricerca nel settore delle neuroscienze generando, nel lungo periodo, una comprensione unificata del cervello umano”.
Ridurre la massa per aumentare l’agilità
La riproduzione meccanica del corpo umano con un tale livello di dettaglio è possibile soltanto affrontando grandi spese. Gli ingegneri utilizzano tecnologie avanzate, come la stampa 3D, il design generativo e altri processi per replicare ossa, muscoli e tendini anziché sostituire semplicemente le articolazioni con dei motori, come si farebbe nella classica costruzione di robot.
“Roboy utilizza le cosiddette unità muscolari, cercando di imitare il sistema muscoloscheletrico umano”, prosegue Hostettler. “Se, da una parte, questo rende più difficile controllare Roboy, dall’altra costituisce un’imitazione plausibile del corpo umano e ci permette di avere delle intuizioni significative su come costruire dei robot compatibili con esso, come gli esoscheletri, oltre che dei robot e parti di robot che possano integrarsi all’interno del corpo umano, come gli impianti e le protesi”.
La struttura, il peso e la composizione dei componenti simili alle ossa giocano un ruolo importante. La funzionalità di design generativo presente in Fusion 360 di Autodesk aiuta gli scienziati a ridurre significativamente il peso di componenti importanti, mantenendone nel contempo la stabilità.
“Se diminuiamo anche di poco il peso delle mani, viene ridotta la forza che devono sostenere i fianchi, il che vuol dire che possiamo rendere anche loro più leggeri”, continua Hostettler. “A sua volta, questo significa che possiamo ridurre il peso in ogni altro componente, rendendo Roboy addirittura più agile”.
L’obiettivo è fare in modo che Roboy impari a camminare da solo. Ciò che è fondamentale per i primi passi di Roboy, tuttavia, è un telaio stabile e leggero, che può essere ottenuto con il design generativo.
“Sono tipicamente due i principali elementi chiave che giustificano l’uso del design generativo”, spiega ancora Hostettler. “Primo, la riduzione di peso, che è importante specialmente per le parti lontane dal centro di massa, come la testa, o per quelle, come i fianchi, soggette a forze provenienti da molte direzioni e quindi tradizionalmente abbastanza massicce. Secondo, quando possiamo conglobare molte parti in una sola, stiamo ancora esplorando come usare il design generativo nel modo più efficace”.
Attualmente il design generativo è usato per sviluppare i fianchi. Grazie ai calcoli condivisi nel cloud, al gruppo di lavoro sono bastati tre giorni per sviluppare il prototipo iniziale. Il design generativo sarà anche usato per sviluppare la parte posteriore del cranio; la spina dorsale e gli elementi mobili di Roboy saranno invece ottimizzati nel medio termine.
La stampa 3D per una prototipazione rapida
I progetti in Fusion 360 possono essere usati direttamente nei processi di stampa 3D e i file creati possono essere convertiti facilmente in oggetti stampati in 3D. Quasi tutte le parti di Roboy 2.0 sono sinterizzate con laser e stampate in 3D con materiali simili alla plastica.
“Le parti stampate con processi tradizionali impiegano da sei a otto settimane per essere consegnate, un tempo lunghissimo se si vuole sviluppare velocemente un prodotto”, dice Hostettler. “Nello stesso tempo in genere riusciamo a svilupparne tre o quattro nuove versioni”.
La libertà geometrica garantita dalla stampa 3D permette al gruppo di lavoro di progettare i componenti senza i vincoli imposti dalle limitazioni dovute alla fabbricazione. A sua volta, anche la produzione senza utensili permette di risparmiare tempo e denaro.
Il corpo umano 2.0
Anche se l’obiettivo principale del progetto Roboy 2.0 sono la ricerca e l’innovazione, le conoscenze acquisite durante il suo sviluppo stanno già avendo un impatto in altre aree. “La natura muscoloscheletrica di Roboy è la continuazione plausibile di un modello di corpo umano più biologico rispetto a quello usato comunemente al di fuori delle neuroscienze”, prosegue Hostettler.
A questo scopo, il modello è stato indispensabile per sviluppare protesi innovative. I neuroscienziati stanno anche sfruttando le conoscenze derivanti dal progetto Roboy 2.0 per migliorare la comprensione dei modi con cui il corpo umano coordina l’interazione tra più di 600 muscoli.
“Roboy presenta le stessa complessità che ci si trova ad affrontare con un corpo biologico”, conclude Hostettler. “Sarà una validazione ancora più forte se potremo controllare un robot come Roboy rispetto a un robot industriale, le cui dinamiche sono molto diverse e più semplici di qualsiasi sistema biologico”.